Sono a tutti gli effetti delle droghe ma celate sotto
altre vesti: sali da bagno, profumatori
d’ambiente, fertilizzanti per piante e moltissime altre sostanze assunte al
fine di ottenere una variazione dello stato cognitivo. Cambia la forma,
ma rimane invariato l’effetto: lo sballo e l’eccitabilità. Si tratta, infatti, di allucinogeni o stimolanti
commercializzati così proprio per non attirare l’attenzione della polizia
giudiziaria.
Un esempio è dato dal una diffusa combinazione di due
farmaci, un antidepressivo e uno per la memoria. La combinazione di questi due
farmaci, di cui preferisco evitare di indicare il nome, provoca un effetto
eccitante del sistema nervoso in grado, secondo chi le assunse, di incrementare
le performances lavorative, in quelle professioni in cui è necessario disporre
di livelli di attenzione, analisi e calcolo piuttosto elevate, quali, ad
esempio, gli operatori della Borsa Valori Newyorkese. Ovviamente l’uso prolungato
e l’abuso di queste sostanze provoca effetti eccitanti sul sistema nervoso
sempre più esigui, per via dell’assuefazione, oltre a notevoli danni a livello
epatico, renale, cardiaco e, manco a dirlo, anche a livello nervoso.
Attualmente in commercio ci sono 670 sostanze diverse e ogni anno il
mercato offre circa 20 prodotti nuovi.
Il fenomeno è nato alla fine degli Anni 90 negli Stati Uniti, col tempo si è
radicato anche in Europa, prima in Gran Bretagna e rapidamente è arrivato anche
in Italia.
Il termine “smart
drugs” si traduce in “droghe furbe”, non solo perché la loro
destinazione d’uso principale ne maschera l’illegalità, ma anche perché il
continuo ritocco delle molecole ne rende difficile l’identificazione e impunito l’acquisto. Così nel momento
in cui una sostanza viene inserita nella tabella degli stupefacenti del
Ministero della Salute immediatamente qualcuno ne modifica leggermente la
formula per farla tornare legale, innescando un’eterna rincorsa tra autorità e
produttori di stupefacenti.
Ad essere spiazzati da questo continuo trasformismo
delle sostanze non sono solo coloro che alle smart drugs danno la caccia, ma
anche gli operatori della salute che devono intervenire in caso di abuso. Così
sempre più spesso quando infermieri e
medici devono soccorrere i pazienti, non sanno esattamente con cosa si
cimentano e non hanno la possibilità di identificare la sostanza perché
esula dal pannel di ricerca utilizzato in urgenza.
A ribadirlo con forza ci sono i dati forniti dal Centro Antiveleni di Niguarda: nel periodo compreso tra il 2010 e il 2012 si sono
registrati 1.783 episodi di
esposizioni a stupefacenti per uso ricreativo e nel 48% dei casi i kit di
identificazione in urgenza non hanno riconosciuto le sostanze assunte dal
paziente. In situazioni simili l’unica terapia possibile è di supporto alle
funzioni vitali se deficitarie.
IL PERICOLO E' ONLINE
Secondo i dati dell’OEDT (Osservatorio europeo sulle droghe e le
tossicodipendenze) i siti online che commercializzano stupefacenti sono passati
dai 170 del 2010 ai 690 del 2012. Un
boom del 400% che se da un lato è naturale conseguenza della nostra
simbiosi con internet dall’altro riflette la continua richiesta per queste
sostanze.
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